A loro stampa e televisione non hanno concesso molto spazio, eppure ciò che hanno fatto è servito a dimostrare quanto grande possa essere la forza e la determinazione delle donne.
Sono le donne curde siriane che hanno attuato una strenua resistenza al terrorismo islamico nel loro territorio.
Tutto è cominciato a settembre del 2014, quando Isis lanciò un’offensiva
nell’est, sud e ovest di Kobane, in Siria.
I membri delle Unità femminili di
protezione e una milizia curda siriana indipendente, formata da maschi,
hanno brandito le armi contro l’organizzazione terrorista di estremisti
islamici.
Queste donne combattenti appartengono all’Ypg,
organizzazione creata per garantire l’autonomia del Kurdistan
siriano sia di fronte al regime di Assad che ai tagliagole dell’Isis e simili.
Hanno
dovuto imbracciare le armi per portare un messaggio di pace e
democrazia. Per loro, infatti, tra armi e pace c'è solo un'apparente
contraddizione.
La
lotta delle donne curde non è solo una lotta
militare contro l'Is per l’esistenza, ma una posizione politica contro
l’ordine sociale fortemente gerarchizzato e la rigida mentalità
patriarcale che affondano le proprie radici nelle forme più estreme
dell'Islam.
Per
loro, che si percepiscono come le garanti di una società libera,
l'emancipazione sociale passa necessariamente attraverso l'autodifesa
armata. Dunque la loro lotta non era destinata solo a sconfiggere i
terroristi dell'Isis ma anche a creare una società nuova caratterizzata
dal recupero delle radici culturali umiliate
dall’oppressione dei regimi e dal superamento dei vecchi modelli feudali
e patriarcali.
Le
combattenti curde sono circa 10mila, gran parte di loro sono single e
hanno seguito un duro addestramento. Sono abituate a dormire al massimo
sei ore e ad alzarsi all’alba per i turni di
sorveglianza. Hanno lasciato famiglia e amici per la causa del popolo
curdo.
E
il loro valore le ha premiate. Dopo mesi di lotta e resistenza,
imbracciando i kalashnikov, sono riuscite a sconfiggere le forze
dell'Isis nel loro territorio, dimostrando, ancora una volta, quanto sia inappropriato etichettare le donne con la definizione di "sesso debole".
©DeniseInguanta
Articolo presente anche in
AgoraVox
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