La scelta è stata giustificata dal fatto che divulgando i video degli uomini del terrore si rischia di diventare il mezzo della loro propaganda.
La polemica non si è fatta attendere perché addetti ai lavori e opinione pubblica si sono chiesti se sia giusto non rendere noto, anche attraverso immagini crudeli, ciò che accade nel mondo.
Molti giornalisti, nello specifico, si sono espressi sostenendo che il loro compito è quello di mostrare la verità ad ogni costo.
Ma la questione è molto complessa. Se da una parte abbiamo a che fare con video crudeli, realizzati forse ad hoc da gente senza scrupoli, che ci mostrano avvenimenti che non possono essere ignorati; d'altro canto non si può trascurare il fatto che l'Isis, come qualsiasi altra forma di organizzazione terroristica, punta su immagini e video shock per incutere terrore e farsi una macabra propaganda.
Combattente Isis |
Se accettiamo tale stato di cose non facciamo altro che diventare complici di questo squallido obiettivo. Soprattutto perché nel momento in cui osserviamo giovani ostaggi stare chiusi in una gabbia o venire decapitati dai boia stiamo togliendo loro, ancora una volta, la dignità. Assistere alla loro esecuzione, al loro dolore, al loro essere inermi davanti a tanta violenza, non può che produrre altro sgomento.
Che fare allora? Una decisione univoca, che accomuni tutti, non può sicuramente essere presa per via delle opinioni contrastanti al riguardo. Ogni redazione agirà secondo coscienza, seguendo la propria sensibilità e la propria linea editoriale.
Al telespettatore non resta che decidere con l'unica arma, in questo caso, a sua disposizione: il telecomando. Potrà scegliere così se assistere alla fine di un condannato a morte, assecondando in questo modo la strategia propagandistica del terrore, o spegnere la tv, consapevole comunque che l'orrore esiste e non può essere ignorato.
©DeniseInguanta
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AgoraVox
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