Alberto Maria Tricoli
nasce a San Cataldo, in provincia di Caltanissetta, nel 1977.
Si trasferisce a
Roma, si laurea in Lettere (indirizzo Storia dell’arte contemporanea)
all’università LaAlberto Maria Tricoli |
Autore di saggi e biografie di artisti, Lo scemo di guerra e l’eroe di cartone è il suo primo romanzo e sta riscuotendo un grande successo di critica e di pubblico.
Abbiamo posto due domande allo scrittore siciliano per aiutare i lettori a capire qualcosa di più del suo romanzo, il resto lo lasciamo alla curiosità di chi vorrà, facendo un'ottima scelta, leggere il libro.
Quali sono le tematiche più profonde che affronti in questo libro?
Il romanzo che ho
scritto si ispira a fatti epici, è ambientato nel secolo scorso eppure ci parla
dell'oggi, almeno questa era la mia intenzione. Essendo legato agli “scrittori
di cose” piuttosto che di parole; volevo raccontare di come la macro-storia
influisca e penetri nella storia di tutti i giorni, nella storia della gente
comune e di come questi ultimi si relazionano con essa nelle scelte quotidiane.
L’amore, l’amicizia, la falsità sono tutti temi che vanno letti in
quest’ottica.
Perché hai scelto di ambientare il tuo romanzo durante gli anni della Seconda guerra mondiale?
L’idea iniziale era
quella di raccontare un Enea dei giorni nostri, che nel romanzo è rappresentato
da Nirìa, e la Seconda guerra mondiale non poteva che essere l’ambientazione
ideale, perché più vicina a noi e per questo ancora viva nei ricordi degli
anziani. Ho deciso per un rimando alla storia contemporanea pensando alla
guerra di Troia. Per Libbertu, che fa da contraltare a Nirìa, mi sono ispirato
invece alle vicende di mio nonno che ha vissuto in prima persona la campagna
militare italiana in Africa, utilizzando le sue cartoline ed un diario di
guerra che ci ha lasciato.
©DeniseInguanta
Il romanzo
Tutto inizia e finisce a Vazzarìa. Questo immaginario paese dell’entroterra siciliano è l’approdo del disertore Nirìa che, durante lo sbarco alleato del 1943, scappa sulla scia di un sogno premonitore. Padre e figlioletto al seguito, diventa lo sgangherato condottiero di un manipolo di fuggitivi. Libbertu, invece, a Vazzarìa ci è nato: secondo di sette figli, gran lavoratore e con una sincera passione per lo studio, subito dopo l’entrata in guerra dell’Italia, decide di arruolarsi con le camicie nere, sperando di dare una svolta al proprio futuro, e così parte per la Libia. Vicende personali, drammatiche ma anche esilaranti, spassose e grottesche, s’intrecciano al racconto della Seconda guerra mondiale, in particolare all’operazione Pugilist in Tunisia che vede la disperata e vana resistenza delle forze italo-tedesche, e all’operazione Mincemeat, capolavoro dell’intelligence inglese per ingannare e depistare i tedeschi circa lo sbarco in Sicilia delle truppe alleate. Il lettore si commuove, si diverte, si arrabbia, trovandosi di fronte a un quadro drammatico, nel quale comunque prevalgono l’amore per la vita, l’amicizia autentica che è collante e fonte di speranza nonostante menzogne e meschinità, sentimenti che accomunano vincitori e vinti. Ma il vero punto di forza del romanzo è il linguaggio, una miscela di italiano e vernacolo siciliano, comprensibile e accattivante, mai fuori luogo, icastico, adeguato alle situazioni, incisivo. Il personaggio di Nirìa oscilla tra l’Enea virgiliano e il Gassmann dell’Armata Brancaleone, quello di Libbertu – realmente esistito – è vero e umano anche sulla carta.
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