lunedì 29 dicembre 2025

Educare all'emotività: il ruolo della letteratura nella scuola di oggi. Riflessioni sull'educazione sentimentale partendo dal pensiero del filosofo Umberto Galimberti


In un tempo in cui la scuola è sempre più spesso chiamata a inseguire l’innovazione tecnologica, la velocità e la prestazione, rischiamo di dimenticare una delle sue funzioni più profonde: educare l’essere umano nella sua interiorità. La letteratura, all’interno del percorso scolastico, non è un ornamento né un sapere accessorio, ma uno spazio privilegiato in cui gli studenti imparano a riconoscere se stessi, gli altri e il mondo. Leggere non significa soltanto comprendere un testo o acquisire competenze linguistiche: significa entrare in contatto con esperienze emotive, conflitti interiori, domande radicali che accompagnano l’uomo da sempre.

Attraverso i personaggi, le storie, i drammi e le passioni narrate nei testi letterari, i ragazzi possono dare un nome a ciò che provano. La letteratura diventa così una sorta di “palestra del sentire”, dove si apprendono il dolore e la gioia, l’amore e l’odio, la speranza e la disperazione. Senza questo esercizio, le emozioni restano confuse, immediate, spesso incontrollate. La scuola, allora, non dovrebbe limitarsi a trasmettere informazioni, ma dovrebbe offrire strumenti per comprendere la complessità della vita emotiva e relazionale.

Quando la letteratura viene marginalizzata o ridotta a un elenco di autori e correnti da memorizzare, perde la sua forza formativa. Non si tratta solo di “studiare” i libri, ma di frequentarli, di abitarli, di lasciarsi interrogare dalle loro domande. In questo senso, leggere significa anche imparare a distinguere: il bene dal male, l’amore dal possesso, la partecipazione dall’indifferenza. È un processo lento, che richiede tempo, silenzio, attenzione—tutte dimensioni sempre più rare nella società contemporanea, ma proprio per questo ancora più necessarie.

La scuola ha dunque una responsabilità enorme: quella di non disamorarsi della cultura, perché una scuola che rinuncia alla letteratura rinuncia anche alla formazione del sentimento. Senza questo percorso, i giovani rischiano di restare prigionieri dell’impulso o di emozioni superficiali, incapaci di trasformarsi in consapevolezza e responsabilità. La letteratura non serve solo a formare studenti migliori, ma persone più sensibili, più capaci di comprendere sé stesse e gli altri.

A ricordarcelo con forza sono le parole di Umberto Galimberti, che sintetizzano con lucidità il valore educativo della letteratura e il suo ruolo insostituibile nella scuola:


"Invece di riempire le scuole di lavagne digitali e cazzate varie, riempiamole di letteratura. I sentimenti si apprendono. Gli antichi imparavano i sentimenti attraverso le storie mitologiche. Se guardiamo alla storia greca ci ritroviamo tutta la gamma dei sentimenti possibili, Zeus il potere, Afrodite l’amore, Atena l’intelligenza, Apollo la bellezza, etc. Noi invece li impariamo attraverso la letteratura, che è il luogo dove si apprende che cosa sono il dolore, la noia, l’amore, la disperazione, la passione, il romanticismo. Ma se la letteratura non viene frequentata e i libri non vengono letti, se la scuola disamora allora il sentimento non si forma. E se la cultura non interviene, i ragazzi rimangono a livello d’impulso o al massimo di emozione.

Da qui la necessità di educare al sentimento, a partire dalle favole per bambini dove si impara cosa è bene e cosa è male, e poi, crescendo, con la scuola dove si apprende dalla letteratura tutta la gamma dei sentimenti, i loro nomi e i loro possibili percorsi. E solo grazie a questo corredo culturale si acquisisce quella sensibilità psichica capace di distinguere il bene dal male, l'amore dall'odio, la partecipazione dall'indifferenza.

Se a scuola si insegnasse bene la letteratura, e anziché di pc si riempissero le aule di romanzi, tutti saprebbero che cos’è l’amore, e come sopportare l’angoscia che crea."

Umberto Galimberti, filosofo


Alla luce di queste riflessioni, diventa evidente che il problema della scuola non è la mancanza di tecnologia, ma il rischio di attribuirle un ruolo eccessivo. Gli strumenti digitali possono essere utili, ma non possono sostituire ciò che forma davvero la persona: il confronto con le storie, le parole, i grandi temi dell’esistenza. Per questo, anziché investire esclusivamente in dispositivi e innovazioni tecniche, sarebbe necessario restituire centralità alla letteratura, anche aumentando le ore destinate al suo insegnamento. Puntare sulla letteratura significa puntare sull’educazione dei sentimenti, sulla capacità di pensare e di scegliere, sulla formazione di individui più consapevoli e umani. Non serve una nuova materia denominata "Educazione sentimentale", serve solo dare più spazio di qualità all'insegnamento della letteratura. È una scelta culturale, prima ancora che didattica, da cui dipende la qualità del nostro futuro.

©DeniseInguanta






 






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