Lo scrittore Claudio Aita, figlio di emigranti, ha vissuto tra il Friuli e la Toscana, dove attualmente abita.
È un esperto di Storia della Chiesa e Storia medievale, oltre che musicista, scrittore ed editore nel settore dei beni culturali. Ha collaborato con riviste di viaggio, cultura e storia locale. È autore di due testi di successo, "Viaggio illustrato nella cucina ebraica" e "Viaggio illustrato nella cucina islamica", sui rapporti fra religione e cultura alimentare. Negli ultimi anni ha scritto thriller di ambientazione storica e contemporanea, come "La città del male" e "Le colline oscure".
L'autore ci parla de "Il monastero dei delitti", il suo primo libro pubblicato con la Newton Compton.
Claudio Aita |
Il
libro presenta riferimenti storici e religiosi molto accurati e una trama
corposa, frutti evidenti di un lavoro certosino. Quanto tempo c'è voluto per
scriverlo?
"Il
monastero dei delitti" è un romanzo con una trama complessa e dietro c'è un
notevole lavoro di ricerca e documentazione. Quanto tempo? Un paio d'anni
almeno, a occhio e croce, se si comprende la necessaria fase delle riletture (e
io ne faccio molte). C'è anche da dire che, mentre lo scrivevo, non ho potuto
dedicare alla scrittura il tempo che avrei voluto. Purtroppo una vita
complicata come la mia mal si concilia con la vita di uno scrittore. Speriamo
che in futuro le condizioni migliorino. Mai disperare!
Nel
thriller non c'è una figura femminile di grande rilevanza e le donne non
vengono tratteggiate in maniera molto positiva, dalle candide monache, che
tanto candide non sono, ad Eloisa, che si accontenta di avere un ruolo
secondario nella vita del protagonista. Perché questa scelta?
Non
c'è nessuna scelta consapevole al riguardo. Sicuramente questa impressione
deriva dalla banale circostanza che nel medioevo i detentori del potere e i
protagonisti della vita religiosa erano quasi sempre dei maschi. E poi, in
verità, le figure femminili del libro non ricevono un trattamento diverso da
quello dei personaggi maschili. In un mondo dal quale non nasce altro che male
non esiste nessuno che possa definirsi un modello positivo, a prescindere dal
sesso. Tutti hanno qualcosa da nascondere, qualcosa di negativo. E ciò vale
anche per i due personaggi principali. Geremia è un uomo dedito all'alcol, un
disperato schiacciato dai sensi di colpa per la morte di sua moglie. Il
trecentesco Lamberto ha una macchia nel suo passato che continua a tormentarlo.
L'unico
vero personaggio positivo, e questo contraddice quanto adombrato nella domanda,
è un personaggio femminile. La giovane monaca Angelica, pur nella tragicità
della sua vicenda, è una figura gigantesca. Ma, in un mondo cattivo e corrotto
una figura così candida e sincera non può che finire schiacciata da una realtà
dominata dall'empietà degli uomini.
Nel
libro emerge un certo astio verso Firenze da parte del protagonista. È così
anche per te, visto che hai esplicitamente dichiarato nel tuo sito che in
Geremia Solaris c'è un po' di te?
Oddio,
Firenze è una città che non può che suscitare sentimenti fortemente
contrastanti. Un po' come la sua duplice natura di luogo di una bellezza senza
eguali e di città che nasconde un'anima nera e malefica. Ne tratto, con molti
esempi, nel libro. È successo, in una certa maniera, anche a me quando sono
giunto in questa città come studente universitario. Avevo in mente una Firenze
idealizzata, quella che avevo studiato sui libri d'arte con le sue
incomparabili bellezze, i suoi monumenti, il fascino del paesaggio toscano. E
mi sono ritrovato immerso nella Firenze del Mostro e di tutto il sottofondo che
questa terribile vicenda ha portato alla luce.
Da
questo punto di vista, in me c'è davvero un po' di Geremia Solaris e viceversa.
Lo stesso termine “Solaris” è, in realtà, un toponimo, ovvero è il nome di una
minuscola frazione del paese friulano dal quale provengo.
Geremia,
comunque, ha bisogno di trovare una giustificazione, un colpevole per il suo
fallimento e per i suoi guai. Firenze è il soggetto ideale. La città del male,
un male assoluto.
La
visione della religione e della Chiesa che emerge dal tuo libro è duplice: da
un lato il buon Lamberto, che rappresenta la purezza della cristianità,
dall'altro il perfido inquisitore Accursio. Quale visione preponderante della
religione vorresti che venisse fuori al riguardo?
Personalmente
ho una visione pessimistica della storia la quale altro non è che uno scandalo
che continua da millenni, senza alcuna speranza che qualcosa possa davvero
cambiare. La stessa storia della Chiesa, nonostante gli innumerevoli e sinceri
tentativi, non esula da questa logica. Da una parte chi detiene il potere,
dall'altra i poveri cristi. La Chiesa e la religione altro non sono che
l'espressione della società del tempo.
Quello
che vorrei che venisse fuori dalle pagine che scrivo è la storia di una grande,
ennesima sconfitta, un quadro nel quale chi detiene il potere ecclesiastico
assieme alle fasce più ricche dei laici, avrà sempre il potere su persone come
Lamberto, Angelica e così via. È solo questione di soldi, nel Medioevo come ai
giorni nostri.
Ma,
soprattutto, vorrei che emergessero le vere figure di personaggi come Francesco
d'Assisi (che infatti cito non a caso nel testo), ovvero di chi ha tentato di
cambiare le logiche assurde di questo mondo e le sue immense ingiustizie.
Francesco è uno sconfitto, un uomo che, in fin dei conti, si è accorto troppo
tardi di essersi illuso, che il suo progetto non avrebbe mai potuto essere
accolto così come voleva e che la sua stessa figura e il movimento da lui
fondato erano stati semplicemente sfruttati dalla gerarchia per consolidare il
suo potere. La sua è una figura tragica, la sua breve vita è stato un percorso
di grande sofferenza. La storia di un tradimento. Distrutto il suo progetto,
falsificata la sua biografia dopo la morte in modo da farne un personaggio più
accomodante ai fini del potere cosa è veramente rimasto del suo messaggio?
Pensiamo solo al fatto che gli inquisitori di Firenze, a pochi decenni dalla
sua morte, saranno tutti francescani, frate Accursio Bonfantini compreso (che è
un personaggio storicamente documentato). Che altro dire se non che il povero
umile, mansueto Francesco è stato ucciso non una, ma innumerevoli volte.
L'ultima in ordine di tempo a opera di Zeffirelli e Baglioni che ne hanno fatto
un essere mellifluo tutto intento a parlare agli uccellini e a raccogliere
fiori. Ovvero ciò che mai fu. Quando, nel libro si narra di Francesco, di frati
“spirituali” che finirono imprigionati e addirittura sul rogo solo per seguire
il messaggio originario del loro fondatore, e di tanti altri, vorrei che si
pensasse a questo. E a tutti quelli a cui una storia e una giustizia sono
sempre state negate.
Lamberto
e Geremia, come li hai concepiti fin dall'inizio? Come due personaggi
complementari o opposti?
Lamberto
e Geremia sono due personaggi di grandi qualità anche dal punto di vista
intellettuale. Due personaggi ripiegati su loro stessi e sui loro sensi di
colpa. E che non possono che ammettere, in definitiva, la loro impotenza di
fronte a un male più forte di loro. Entrambi si impegnano nella ricerca della
verità che sta dietro all'apparenza delle cose. Ma, alla fine, sono costretti a
chiedersi se davvero la verità valga la pena di essere conosciuta.
Alla
domanda, quindi, risponderei senz'altro con “complementari” anche se non è
stato il prodotto di una scelta consapevole. I due personaggi si sono
sviluppati in maniera indipendente l'uno dall'altro. Ma, forse, un collegamento
nella narrazione fra i due c'è.
“Geremia
prese la giacca e scese in strada." E poi? Hai già pronto il sequel?
Proprio
in questi giorni sto terminando di scrivere il secondo episodio dal titolo
provvisorio “Il respiro del Moloch”. Seguirà la fase di decantazione del testo
e di rilettura.
Ritroveremo
Geremia Solaris protagonista indiscusso della vicenda, un anno dopo, un uomo
sempre più in crisi e sempre più dedito all'alcol. Ma ancora una volta si
ritroverà trascinato, suo malgrado, in una vicenda più grande di lui. Tutto
inizierà con la scomparsa del giovane rampollo di una nobile famiglia
fiorentina, un codice maledetto e la comparsa del simbolo di un'oscura e
sanguinaria divinità semitica sui muri di Firenze a formare una mappa del
terrore. Saranno gli ingredienti di un viaggio allucinato fra misteri millenari
che attraversano la stessa Bibbia, credenze alchimistiche, complotti massonici
e molto altro, compresa una discesa per scoprire ciò che si nasconde nei
sotterranei di Firenze, una città più demoniaca che mai. Ciò che nel Monastero
dei delitti era soltanto accennato, troverà qui la sua spiegazione e il suo
completamento.
Geremia
prenderà l'ennesima cantonata per una donna molto più giovane di lui. Una donna
non bellissima, magari, ma molto colta e di grande personalità. Questa storia
potrà funzionare, potrà fare uscire il nostro protagonista dal fango nel quale
si trova? Oppure il fantasma di Sara, la moglie della cui morte si accusa, la
farà finire? Spero di avervi incuriositi.
Per saperne di più: www.claudioaita.it
Leggi anche: Il monastero dei delitti
©DeniseInguanta
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