Dagli studi sulla religione in Italia fatti dagli esperti sono emerse importanti
informazioni.
Il 17,3%
degli italiani nega l’esistenza di Dio. Il 4,5% dichiara di non credere in Dio
ma di ritenere che esiste una forza superiore di qualche natura. Esistono, invece, diversi modi di essere cristiani. Infatti la maggioranza
degli italiani dichiara di credere in Dio ma il credo di molti soggetti
riflette la precarietà umana e le fasi alterne della vita.
Vi sono tre tipi
di orientamento: fede certa (46%), un orientamento religioso che poggia su una
fede certa che dura nel tempo; fede dubbiosa (25%), credono in un Dio ma con
dei dubbi; fede intermittente (11%), ammettono l’esistenza di Dio in alcuni
momenti della vita e la negano in altri. Accanto ai credenti convinti e attivi è larga
la quota di popolazione che aderisce al cristianesimo più per l’educazione
ricevuta e per ragioni culturali che per specifiche convinzioni spirituali.
Alla domanda “Perché
si crede?” ci sono numerose risposte. La prima risposta (63%) chiama in causa
il fattore ambientale, ovvero il fatto di aver vissuto in un ambiente familiare
(nazione o famiglia) in cui prevale questa fede religiosa. In tal modo
l’appartenenza religiosa viene legata all’educazione che ha dato ampia
cittadinanza ai valori religiosi ma anche alla cultura, per cui implicitamente
si manifesta la convinzione che in altri ambienti si trovano altre fedi e
simboli religiosi. Poi abbiamo l’esperienza umana all’epoca del pluralismo. Per
cui si è interpellati da diversi stili di vita e visioni della realtà secondo cui
si ha consapevolezza che il proprio mondo sia solo uno dei molti possibili ma
allo stesso tempo ci si ancora al mondo familiare in cui si è nati. L’adesione al
cattolicesimo, pertanto, rappresenta l’affermazione dell’identità italiana
dinanzi ad una società sempre più multiculturale, soprattutto dinanzi alla
sempre più visibile presenza dell’islam. Altre risposte affermano che “credere in
Dio è un bisogno dell’uomo” e che la fede religiosa è un aiuto nell’affrontare
i problemi della vita. Dio, pertanto, è ritenuto una risorsa di senso
necessaria sia in termini di speranza ultraterrena sia per avere risposta ai grandi
interrogativi della vita. Solo 1/3 degli intervistati dichiara di credere perché ha sperimentato la presenza di Dio in alcuni
momenti dell’esistenza o perché ritiene che la propria religione sia quella
vera.
Per ciò che riguarda la
situazione religiosa in Europa possiamo affermare che in tutta Europa
diminuiscono i praticanti regolari; il declino della frequenza regolare sembra
in parte compensato dal ricorso alla preghiera personale e dall’esigenza di
momenti di riflessione personale; la fede è espressa in forma individuale
piuttosto che comunitaria.
In Italia, invece, nonostante la
progressiva secolarizzazione della società italiana, frequentare la messa
rimane un tratto comune alla maggioranza degli italiani, infatti, il 78%
dichiara di avervi partecipato almeno una volta nell’ultimo anno. Ma, appunto,
non si tratta più di un appuntamento settimanale quanto mensile o annuale.
Si conferma che la frequenza regolare riguarda
in particolare alcuni gruppi di popolazione: donne, soggetti in età avanzata,
persone con bassi livelli di istruzione. Anche a livello geografico ci sono
differenze, con una maggiore partecipazione nelle regioni del Sud.
Per ciò che riguarda la
confessione possiamo affermare che è proprio il sacramento che più appare in crisi. Infatti,
inginocchiarsi dinanzi al confessionale viene associato da molti ad antichi e
rigidi copioni, inoltre il senso del peccato sta sempre più evaporando.
Emerge, invece, la preghiera
individuale che è una delle pratiche più diffuse
e che conferma il desiderio di cercare un rapporto diretto con il sacro. Essa si compie al di fuori dei riti comunitari e indica la tendenza delle
persone a rivolgersi al sacro con la parola o il pensiero nelle condizioni
ordinarie della vita. La percentuale di quanti dichiarano di pregare
individualmente almeno con cadenza settimanale è doppia rispetto a quanto
frequentano i riti religiosi.
Altro aspetto
fondamentale riguarda la devozione popolare. Nonostante se ne fosse preconizzato il
progressivo esaurimento nella modernità, tra le forme in cui in Italia si
esprime il sentimento religioso un ruolo di rilievo spetta proprio alla
devozione popolare; questa si manifesta a livello locale ma anche con la
folla di fedeli che frequenta santuari come quello di S. Giovanni Rotondo,
Assisi, Loreto, etc. Nel caso dei simboli religiosi nei luoghi pubblici,
possiamo affermare che ¾ della popolazione ritiene sia giusto esporre il
crocifisso sia per motivi legati all’identità nazionale (prevalentemente gli
uomini) sia perché considerato simbolo di valori universali (donne a abitanti
del Sud).
Infine, valutando la
percezione dell’islam nelle diverse parti dell’Italia, si può affermare che l’atteggiamento degli italiani nei confronti della minoranza islamica
cambia anche in base all’area geografica di provenienza. Le regioni del nord dimostrano una maggiore chiusura mentre quelle del sud
si dimostrano più aperte e tolleranti.
In conclusione, la maggiore presenza di
confessioni religiose non mette in discussione il cattolicesimo prevalente
anche se costringe a confrontarsi con nuovi problemi. Soprattutto i giovani
sono attratti dalle nuove fedi, ma più in termini culturali che religiosi o
spirituali. Di fronte alla molteplicità delle proposte religiose molti
abbandonano l’idea di una fede esclusiva, prefigurando che la ricerca
spirituale si articoli in percorsi diversi che tendono verso un’unica
direzione.
©DeniseInguanta
©DeniseInguanta
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