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giovedì 31 agosto 2017

RELIGIONE, UNO STUDIO SULLE ASPETTATIVE E LE TENDENZE DEGLI ITALIANI

Dagli studi sulla religione in Italia fatti dagli esperti sono emerse importanti informazioni.

Il 17,3% degli italiani nega l’esistenza di Dio. Il 4,5% dichiara di non credere in Dio ma di ritenere che esiste una forza superiore di qualche natura. Esistono, invece, diversi modi di essere cristiani. Infatti la maggioranza degli italiani dichiara di credere in Dio ma il credo di molti soggetti riflette la precarietà umana e le fasi alterne della vita.
Vi sono tre tipi di orientamento: fede certa (46%), un orientamento religioso che poggia su una fede certa che dura nel tempo; fede dubbiosa (25%), credono in un Dio ma con dei dubbi; fede intermittente (11%), ammettono l’esistenza di Dio in alcuni momenti della vita e la negano in altri. Accanto ai credenti convinti e attivi è larga la quota di popolazione che aderisce al cristianesimo più per l’educazione ricevuta e per ragioni culturali che per specifiche convinzioni spirituali.
Alla domanda “Perché si crede?” ci sono numerose risposte. La prima risposta (63%) chiama in causa il fattore ambientale, ovvero il fatto di aver vissuto in un ambiente familiare (nazione o famiglia) in cui prevale questa fede religiosa. In tal modo l’appartenenza religiosa viene legata all’educazione che ha dato ampia cittadinanza ai valori religiosi ma anche alla cultura, per cui implicitamente si manifesta la convinzione che in altri ambienti si trovano altre fedi e simboli religiosi. Poi abbiamo l’esperienza umana all’epoca del pluralismo. Per cui si è interpellati da diversi stili di vita e visioni della realtà secondo cui si ha consapevolezza che il proprio mondo sia solo uno dei molti possibili ma allo stesso tempo ci si ancora al mondo familiare in cui si è nati. L’adesione al cattolicesimo, pertanto, rappresenta l’affermazione dell’identità italiana dinanzi ad una società sempre più multiculturale, soprattutto dinanzi alla sempre più visibile presenza dell’islam. Altre risposte affermano che “credere in Dio è un bisogno dell’uomo” e che la fede religiosa è un aiuto nell’affrontare i problemi della vita. Dio, pertanto, è ritenuto una risorsa di senso necessaria sia in termini di speranza ultraterrena sia per avere risposta ai grandi interrogativi della vita. Solo 1/3 degli intervistati dichiara di credere perché ha sperimentato la presenza di Dio in alcuni momenti dell’esistenza o perché ritiene che la propria religione sia quella vera.
Per ciò che riguarda la situazione religiosa in Europa possiamo affermare che in tutta Europa diminuiscono i praticanti regolari; il declino della frequenza regolare sembra in parte compensato dal ricorso alla preghiera personale e dall’esigenza di momenti di riflessione personale; la fede è espressa in forma individuale piuttosto che comunitaria.
In Italia, invece, nonostante la progressiva secolarizzazione della società italiana, frequentare la messa rimane un tratto comune alla maggioranza degli italiani, infatti, il 78% dichiara di avervi partecipato almeno una volta nell’ultimo anno. Ma, appunto, non si tratta più di un appuntamento settimanale quanto mensile o annuale.
Si conferma che la frequenza regolare riguarda in particolare alcuni gruppi di popolazione: donne, soggetti in età avanzata, persone con bassi livelli di istruzione. Anche a livello geografico ci sono differenze, con una maggiore partecipazione nelle regioni del Sud.
Per ciò che riguarda la confessione possiamo affermare che è proprio il sacramento che più appare in crisi. Infatti, inginocchiarsi dinanzi al confessionale viene associato da molti ad antichi e rigidi copioni, inoltre il senso del peccato sta sempre più evaporando.
Emerge, invece, la preghiera individuale che è una delle pratiche più diffuse e che conferma il desiderio di cercare un rapporto diretto con il sacro. Essa si compie al di fuori dei riti comunitari e indica la tendenza delle persone a rivolgersi al sacro con la parola o il pensiero nelle condizioni ordinarie della vita. La percentuale di quanti dichiarano di pregare individualmente almeno con cadenza settimanale è doppia rispetto a quanto frequentano i riti religiosi.
Altro aspetto fondamentale riguarda la devozione popolare. Nonostante se ne fosse preconizzato il progressivo esaurimento nella modernità, tra le forme in cui in Italia si esprime il sentimento religioso un ruolo di rilievo spetta proprio alla devozione popolare; questa si manifesta a livello locale ma anche con la folla di fedeli che frequenta santuari come quello di S. Giovanni Rotondo, Assisi, Loreto, etc. Nel caso dei simboli religiosi nei luoghi pubblici, possiamo affermare che ¾ della popolazione ritiene sia giusto esporre il crocifisso sia per motivi legati all’identità nazionale (prevalentemente gli uomini) sia perché considerato simbolo di valori universali (donne a abitanti del Sud).
Infine, valutando la percezione dell’islam nelle diverse parti dell’Italia, si può affermare che l’atteggiamento degli italiani nei confronti della minoranza islamica cambia anche in base all’area geografica di provenienza. Le regioni del nord dimostrano una maggiore chiusura mentre quelle del sud si dimostrano più aperte e tolleranti.
In conclusione, la maggiore presenza di confessioni religiose non mette in discussione il cattolicesimo prevalente anche se costringe a confrontarsi con nuovi problemi. Soprattutto i giovani sono attratti dalle nuove fedi, ma più in termini culturali che religiosi o spirituali. Di fronte alla molteplicità delle proposte religiose molti abbandonano l’idea di una fede esclusiva, prefigurando che la ricerca spirituale si articoli in percorsi diversi che tendono verso un’unica direzione.

©DeniseInguanta





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