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giovedì 28 ottobre 2021

“I Quaderni di Serafino Gubbio operatore” e la polemica contro il mito della macchina


Continuiamo con la rubrica dedicata al grande Luigi Pirandello. Sei articoli, frutto di studi approfonditi, su sei tra le opere più conosciute del grande scrittore e drammaturgo agrigentino. 

Oggi è la volta de “I Quaderni di Serafino Gubbio operatore”


“I Quaderni di Serafino Gubbio operatore” di Luigi Pirandello, uscito nel 1915 col titolo Si gira e poi nel 1925 in edizione riveduta col titolo attuale, è una narrazione che si muove verso la dissoluzione della forma del romanzo.


Luigi Pirandello 


L’io narrante è quello di Serafino Gubbio, un giovane napoletano un po’ «fuori di chiave», che viene assunto come operatore dalla casa cinematografica Kosmograph, e che si vede ridotto a servire la macchina da presa nella funzione di «una mano che gira la manovella». Per reagire a questa degradazione umana imposta dalla macchina, ma soprattutto per ubbidire al bisogno di studiare i comportamenti degli uomini e di analizzarne le motivazioni profonde, Serafino tiene una sorta di diario, i quaderni appunto, su cui annota quanto gli sembra degno di attenzione. Egli si sforza di cogliere soprattutto quell’oltre, quel dinamismo profondo della vita individuale che gli altri non vogliono o non sanno vedere, tutti presi come sono dalle cure quotidiane e dal ritmo frenetico delle loro giornate.

La Kosmograph, fra le altre cose di pessimo gusto, ha in lavorazione un film dal titolo ingenuamente allusivo, “La donna e la tigre” («La solita donna più tigre della tigre», commenta Serafino). Attorno alla casa cinematografica si muovono attori, direttori di scena e altri personaggi, fra cui la bellissima attrice russa Vera Nestoroff, una donna enigmatica che ha fatto strage di cuori, e, nei panni di un provetto cacciatore di tigri, l’attore Aldo Nuti, coinvolto in passato dal fascino della russa.

La scena dell’uccisione della belva è stata preparata all’interno di una grande gabbia che simula la giungla e nella quale con l’attore entra anche Serafino con la sua macchina per riprendere tutta l’azione. Egli si trova così, manovrando meccanicamente la manovella, a girare la scena, non dell’uccisione della tigre, giacché Nuti ha sparato contro la donna fuori della gabbia, bensì del balzo della fiera sull’attore, che viene sbranato sotto l’occhio impassibile della cinepresa, mentre Serafino, colpito dal trauma, perde per sempre la parola.

“I Quaderni di Serafino Gubbio operatore” è un romanzo molto ricco. Ne emergono, infatti, diversi motivi di interesse. In primo luogo, quello di constatare due differenti proiezioni dello scrittore: nel personaggio di Serafino Gubbio (l’io narrante) e in quello di Fabrizio Cavalena. In Serafino, cui è affidata la funzione di registrare gli eventi e di scrutarne le motivazioni sotterranee, è riconoscibile il tipico personaggio pirandelliano, che osserva il mondo con l’ottica dell’autore e va esponendo i principi della sua saggezza, la sua filosofia, rivolgendosi spesso a ipotetici interlocutori per spingerli a guardare oltre, a vedere qualche aspetto inedito delle cose, che non manca di avere le sue conseguenze sulla concezione tradizionale della vita e dell’uomo. Nel secondo personaggio è addirittura incarnato con un trattamento espressionistico, cioè mediante l’accentuazione del contrasto fra sofferenza di Cavalena e comicità della situazione («non si può fare a meno, pur commiserandolo, di ridere di lui») il Pirandello vittima per tanti anni della gelosia paranoica della moglie. Il secondo motivo di interesse consiste nella polemica contro il macchinismo, che appare sin dal primo capitolo del romanzo e che distingue Pirandello dai futuristi e da altri letterati del tempo affascinati dal «mito della macchina». Un terzo spunto per un approfondimento successivo si può riscontrare nel tema della gelosia, che trova pagine di rara efficacia in altre opere di Pirandello, come il romanzo “Il turno” o il dramma “Questa sera si recita a soggetto”.

Si comprende nitidamente la funzione che Serafino assegna alla stesura dei suoi quaderni e che viene esplicitamente dichiarata: «Soddisfo, scrivendo, a un bisogno di sfogo, prepotente. Scarico la mia professionale impassibilità e mi vendico, anche: e con me vendico tanti, condannati come me a non esser altro, che una mano che gira una manovella».

Al culto futurista della macchina intesa come segno di efficienza e di esattezza non offuscate dalla debolezza dei sentimenti umani, concepita come modello di una necessaria e positiva rivoluzione della sensibilità, Serafino Gubbio oppone una critica che rovescia ogni illusione ottimistica per illuminare di fredda luce i risvolti negativi. Nel romanzo “I Quaderni di Serafino Gubbio operatore”, nasce in tal modo un gioco espressivo che stravolge l’ammirazione di Marinetti per la bontà della macchina in denunzia della divinità bestiale immanente al prodotto tecnologico: del suo carattere diabolico che esige l’omaggio servile dell’uomo e la sua riduzione a vittima di un assurdo sacrificio. Pirandello, in altre parole, rifiutando ogni soluzione avanguardistica del tema si ricollega a quella tradizione letteraria del tardo Ottocento e del primo Novecento che aveva insistito sulla similitudine macchina – animale vorace, e ne sviluppa quantitativamente i contenuti espressivi al punto di evidenziare un nuovo aspetto negativo della civiltà industriale: estremizzando il nesso poetico meccanismo – belva sino a rappresentare la società dominata dalla tecnologia come mondo di ordigni che risolvono in sé totalmente l’essenza spirituale e vitale dei loro costruttori, Serafino Gubbio perviene a ipotizzare la visione di un enorme eppure insignificante ingombro che tenta di innalzarsi sul deserto umano. È la massa dei prodotti industriali, segno tangibile dell’irrazionalismo economico e sociale dei moderni sistemi di produzione, che Pirandello rappresenta con felice sensibilità, denunziandone l’estraneità ai veri interessi degli uomini e la costituzione di una società di automi umani.

“I Quaderni di Serafino Gubbio operatore” fu composto in anni assai amari per Pirandello: non più giovane, misconosciuto, tormentato da gravi problemi familiari, incapace di adattarsi all’evoluzione che scuoteva e trasformava il mondo, ferito nel suo patriottismo risorgimentale dall’impossibilità di partecipare alla guerra nella quale invece combatteva il figlio. Questo scontento iroso si riverbera sui suoi scritti di quegli anni. “I Quaderni di Serafino Gubbio operatore” è così un acre romanzo a tesi, fortemente ideologico nella protesta contro l’alienante civiltà delle macchine e contro i suoi esaltatori.

Il mondo del cinema diventa, in questo romanzo, emblematico della condizione dell’uomo nell’età delle macchine: una civiltà che Pirandello respinge dunque con acredine per risognare il vecchio mondo di un tempo, un mondo di innocenza e di pace, in cui lui continua a sperare all’ombra del suo pino, ma che la società presente involgarisce e distrugge.

©DeniseInguanta








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