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lunedì 19 luglio 2021

"Morte agli infedeli", lo scrittore Francesco M. Passaro parla del suo ultimo romanzo


Il mese scorso è uscito in libreria "Morte agli infedeli" dello scrittore e avvocato penalista Francesco Mario Passaro, edito da Ianieri Edizioni

L'autore ha parlato del suo ultimo romanzo ai nostri microfoni. 









Quando e perché hai cominciato a scrivere “Morte agli infedeli”?

L’idea di questo romanzo è nata il 10 settembre del 2017, alle ore 17.30, durante la maestosa cerimonia di vestizione di un amico sacerdote all’interno del Duomo di Napoli. Quel giorno rimasi bloccato all'interno della cattedrale assieme a centinai di persone, perché all'esterno dell’edificio c'era una valigia fucsia sospetta e si temeva il peggio: un attentato da parte di terroristi. Rinchiuso all'interno del Duomo aspettai l'arrivo degli artificieri della Polizia di Stato e cominciai a immaginare questa storia intimistica, dall'andamento thriller, con un'atmosfera emblematica che mi avrebbe condotto lungo un percorso terrificante. Quando gli artificieri controllarono quella valigia, lasciata al centro del piazzale davanti alla chiesa, e accertarono che all’interno c’erano soltanto indumenti, probabilmente appartenuti a una persona senza fissa dimora, tirai un sospiro di sollievo e il giorno dopo cominciai a scrivere il prologo del romanzo.

Chiesa, criminalità organizzata e terrorismo islamico. Perché questi tre elementi insieme? Da dove ti è venuto l’input che ti ha spinto ad accomunarli in qualche modo in un libro?

L’input mi è venuto dai rituali della religione cattolica usati dalle mafie, quindi dal Sacro e Profano. Ho pensato alle immaginette di Sant’Arcangelo bruciacchiate ritrovate nelle tasche degli affiliati, talvolta morti ammazzati, alle logge deviate della massoneria, ai tanti covi solitari, al tanto sangue, ai riti e ritualità che si mescolano tra loro e talvolta scimmiottati dalla criminalità organizzata, ai mafiosi che durante le loro latitanze chiedono il supporto dei sacerdoti. Ho studiato a lungo i riti di segretezza della criminalità organizzata e dei terroristi. Nel febbraio del 2017 rimasi molto colpito da ciò che accadde in Pakistan. Un kamikaze dell’Isis si fece saltare in aria in un tempio sufi, uccidendo 90 fedeli musulmani. In quel periodo lessi tanti articoli e libri sulla vita dei jihadisti, di coloro che vivono come eremiti, professando il culto dei maestri che li hanno preceduti.

Il citare il tesoro di San Gennaro, il Duomo di Napoli e la stessa città partenopea è chiaramente un indizio dell’amore per la tua terra. Pensi avresti potuto ambientare questa tua ultima fatica letteraria in un’altra città? Qual è il fil rouge che lega la storia che racconti alla tua terra?

Ho pensato subito a Napoli, luogo intoccabile, immune da attentati terroristici. Amo ambientare i miei romanzi nella mia città, perché mi risulta molto più semplice per svariate ragioni: per le location che generano le storie, regalandomi notevoli componenti drammatiche; per i luoghi che già conosco; e soprattutto per le persone e i loro linguaggi a me familiari.



Francesco M. Passaro 



Nel libro si parla di Amal e Rashad, due personaggi ai vertici della banda del terrore, il cui percorso di radicalizzazione è descritto con precisione. Come ti sei preparato per trattare questo aspetto così delicato, eppure tanto attuale, relativo alle due figure citate?

Mi sono preparato leggendo tanti libri sul terrorismo internazionale e sul forte legame tra jihad e criminalità. Nel corso degli anni ho seguito molte indagini portate avanti dalla Direzione Nazionale Antimafia proprio sulle rotte jihadiste, su quei percorsi densi di sangue, che celebrano un legame potente tra capoclan e imam. Gruppi criminali ed estremisti hanno notevoli interessi in comune: il traffico di organi espiantati dai cadaveri dei nemici in guerra, di farmaci, di opere d’arte, di armi, di droga, il contrabbando di petrolio. Nel dettaglio, si tratta di realtà accumunate dall’indomita opposizione alle situazioni, declinazioni regredite dell’illegalità, articolata attraverso sequestri di giornalisti, omicidi ed estorsioni.

Nerea Fusco, Vicequestore chiamata a trattare con i terroristi, ma anche madre che si trova a combattere contro la malattia della figlia, e Amal, una ragazza come tante della provincia napoletana che però decide di convertirsi all’Islam. Parlaci di queste due figure femminili, descrivendone le caratteristiche principali, e di come tu, da uomo, sei riuscito a disegnarle, entrando nella loro psicologia.

Per costruire un personaggio femminile, che ritengo sia un’impresa molto ardua, mi ispiro generalmente alla realtà. Cerco sempre di individuare delle donne abbastanza credibili che mi facciano da modello, con il loro punto di vista, i loro atteggiamenti, i cambiamenti e soprattutto con le loro esigenze drammatiche. I personaggi in genere devono raggiungere un determinato obiettivo, suggerendomi la loro visione totale del mondo. Devono poi subire una progressiva evoluzione nel corso della storia, conservando un carattere ben definito. Nel vicequestore Nerea ritrovo una mia amica, un vero vicequestore. Lei, esperta di terrorismo internazionale, qualche anno fa, mi insegnò tante cose sulle indagini di polizia. Amal, invece, la ragazza di Somma Vesuviana, si accosta al temperamento di tante donne conosciute tramite il mio lavoro di penalista, le cosiddette lady camorra.

Ci sarà un seguito per Nerea Fusco? Torneremo a sentire parlare di lei in un tuo nuovo romanzo? Puoi svelarcelo in anteprima?

Ci sto pensando, in tutta onestà, anche se la gestazione di una storia richiede molto tempo.    

Sei un avvocato penalista. La tua esperienza professionale ha in qualche modo influito sulla stesura del romanzo? Se sì, in che modo?

La mia esperienza professionale ha influito sicuramente sulla realizzazione della storia, per quanto concerne la conoscenza da parte mia di alcune procedure e per l’utilizzo del linguaggio giuridico che affiora di tanto in tanto nella storia.  

Stai già scrivendo il tuo prossimo romanzo? E se fosse in qualche modo legato alla terribile pandemia che stiamo vivendo?

Durante il primo lockdown rimasi chiuso in casa da solo per tre mesi, senza incontrare nessuno. Leggevo contemporaneamente quattro libri al giorno e scrissi un romanzo che però non ha nulla a che vedere con la pandemia, ma riguarda una delicata storia d’amore tra un giovane libraio che vive a Milano e una scrittrice nonché professoressa di storia e filosofia. I due si conoscono per caso su Messenger. Lui le chiede di andare a Milano. Lei è titubante, poi accetta di presentare la sua opera nella libreria del giovane libraio. Lo stesso pomeriggio, però, alla stessa ora, i due si trovano in quella libreria, ma non si incontrano e ben presto capiranno che il tempo si sta prendendo gioco di loro.

 ©DeniseInguanta





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