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lunedì 26 luglio 2021

"Le notti di Monteselva", lo scrittore Patrizio Pacioni parla del suo ultimo libro


Il mese scorso è uscito in libreria "Le notti di Monteselva" dello scrittore e drammaturgo Patrizio Pacioni, edito da Bacchilega Editore, Collana Zero, firmato anche dalla scrittrice Lorella De Bon

Il libro ha vinto l'edizione 2020/2021 del prestigioso concorso letterario Garfagnana in Giallo - categoria inediti.

L'autore ha parlato della sua ultima fatica letteraria ai nostri microfoni. 





Il tuo nuovo libro “Le notti di Monteselva” (Bacchilega Editore, Collana Zero), firmato anche dalla scrittrice Lorella De Bon, ha vinto l'edizione 2020/2021 del prestigioso concorso letterario Garfagnana in Giallo - categoria inediti. Qual è stata la tua reazione quando hai saputo di questo importante riconoscimento?

In realtà ho sempre creduto in questa opera, alla quale io e Lorella De Bon, per una serie di circostanze, abbiamo lavorato una decina di anni e la cui stesura finale è stata semplificata e accelerata dal prezioso lavoro della nostra editor, Monica Tappa. Dunque ho accolto la bellissima notizia della vittoria con grande soddisfazione e un pizzico di orgoglio, ma senza esserne realmente sorpreso. «Se il romanzo ha appassionato così tanto noi che l’abbiamo scritto, dopotutto…» mi sono detto, «…come potrebbe non sortire lo stesso effetto anche sui lettori, membri giuria del concorso compresi?» 


Il tuo libro ha le caratteristiche di un giallo, di un noir ma anche di un romanzo di avventura. Spiegaci meglio quali sono gli aspetti di questi tre generi letterari presenti ne “Le notti di Monteselva”.

Intanto è mia profonda convinzione che una rigida distinzione della narrativa in “generi” non sia molto fondata. Per fare un esempio, prova a incasellare un capolavoro come «Delitto e castigo» di Fëdor Dostoevskij: come si potrebbe definire? Un giallo? Magari un noir? Oppure, sembrerebbe giusto limitarsi ad affermare che «I delitti della Rue Morgue» di Edgar Allan Poe è, semplicemente, un racconto horror? Rimanendo ai classici, direi che, nel suo piccolo, il modello cui è ispirato questo romanzo è piuttosto quello della grande narrativa popolare, in cui sono presenti spunti e situazioni di natura diversa. In questo caso la struttura dell’indagine che richiama ai cosiddetti romanzi polizieschi, l’introspezione nell’anima dei personaggi più negativi, che riporta a quelle atmosfere noir tante volte visitate dalla letteratura nazionale e internazionale, e lo sviluppo di una storia avventurosa di ampio respiro, che lascia spazio anche ad amori, passioni e, appunto, atmosfere avventurose.


Qual è stato l’input che ti ha spinto a scrivere questa nuova indagine del commissario Cardona?

Leonardo Cardona non ha bisogno di input. A furia di frequentarlo mi sono convinto che il personaggio, non so per quale sortilegio, ha acquisito una volontà propria, che gli consente di reclamare la narrazione di una sua nuova indagine allorché decide di uscire dal buio delle mie fantasie inespresse. Questa volta, poi, sembra che a placare la “fame di vita” del commissario non sia stata sufficiente neanche la stesura e la pubblicazione del pur strutturato e consistente romanzo «Le notti di Monteselva». Appena messa la parola fine al lavoro portato avanti con Lorella, infatti, non ho potuto fare a meno di cominciare a scrivere un nuovo romanzo, dal titolo «Cardona e il fantasma di Marlene», storia altrettanto articolata e movimentata che vedrà il mio commissario per la seconda volta in trasferta dopo «Malinconico Leprechaun», in cui aveva fatto un breve ma impegnativo viaggio a Dublino. Questa volta lo sfondo dello spinoso caso che viene chiamato a dipanare è una suggestiva, sorprendente e misteriosa Brescia.  


Nel libro parli dei Medici Volontari Italiani e del loro ruolo eroico (aspetto, questo, che è molto attuale, data la pandemia). Perché hai scelto di parlare di questo gruppo di sanitari volontari?Peraltro in tempi non sospetti perché hai cominciato a scrivere il libro anni fa.

Sono sempre stato attento alle problematiche sociali e a chi si adopera, in modo volontario e assolutamente gratuito, per colmare il gap tra le più elementari e fondamentali esigenze degli strati più deboli della popolazione e l’inadeguatezza del sistema pubblico a farvi fronte. Detto ciò, fin dal primo (casuale) incontro con loro, mi resi conto che la missione dei Medici Volontari Italiani è qualcosa di assolutamente prezioso e originale. Da ciò scaturì un intenso desiderio di conoscere meglio e più da vicino la loro mission e il loro modus operandi. Nel momento stesso, poi, in cui riuscii a conoscere personalmente alcuni di loro, ebbi modo anche di apprezzarne, oltre che la straordinaria professionalità e l’indefesso impegno, anche una straordinaria capacità empatica e una eccezionale predisposizione ai contatti umani. Quanto ai City Angels, l’altra associazione di volontariato citata nel romanzo, non potrò mai ringraziarli abbastanza per avermi concesso di passare un paio di notti a loro seguito, in occasione del tradizionale pattugliamento umanitario nel ventre delle zone più degradate di Milano, permettendomi di scoprire con i miei occhi e di avvertire dolorosamente sulla mia pelle la disperazione e la necessità di solidarietà dei più umili, costretti loro malgrado al randagismo. Inserirli attivamente nel plot de «Le notti di Monteselva» mi è sembrato il modo migliore per ricordare l’esistenza e il lavoro di entrambi i gruppi e per ringraziarli a nome di tutti.


Se dovessi consigliare la lettura del tuo libro come ne parleresti?

Un libro più da vivere che da leggere. Un viaggio nella fantasia in cui a scomode realtà e ad abietti vizi si contrappongono, in modo mi auguro coinvolgente, fulgidi esempi di coraggio e di virtù… e qualche valore veramente sano. L’ennesimo appassionante capitolo delle indagini di un personaggio come il commissario Leonardo Cardona della Questura di Piacenza: un segugio infallibile e inesorabile, ma anche un uomo soggetto continuamente, come ciascuno di noi, a dubbi, tentazioni e turbamenti. Ironico, abrasivo, a volte arrogante e troppo centrato su se stesso, ma anche capace di insospettabili slanci emotivi. Insomma, un personaggio “forte” capace di stupire e sbilanciare continuamente il lettore che impara a scoprirlo, conoscerlo e (mi auguro) ad apprezzarlo libro dopo libro.


Sei, oltre che scrittore, anche drammaturgo. Puoi accennarci qualcosa riguardo le iniziative che stai portando avanti in campo teatrale?

Le necessità prima di lockdown, poi di distanziamento, si sono rivelate per la mia produzione drammaturgica come il coperchio di una pentola a pressione piena d’acqua piazzata su un fornello acceso. In pratica, nel corso dei difficilissimi mesi della crisi pandemica, mi sono dedicato quasi esclusivamente a due attività. La prima è stata quella che più mi è congeniale e più mi intriga, vale a dire la scrittura: da questo impegno continuativo e pressoché incondizionato, oltre che i già citati romanzi, sono sortiti diversi testi drammaturgici. La seconda è stata quella di curare, sia pure –forzatamente - da “remoto”, che non s’interrompesse il lavoro delle mie opere già in allestimento. Insomma, il primo appuntamento è fissato il 12 settembre a Roma (Villa Massimo), con l’anteprima della commedia «Stasera mi butto», un’intrigante pièce nella quale a momenti di puro divertimento s’intrecciano occasioni di importanti riflessioni; è una produzione Le Ombre di Platone per la regia di Giancarlo Fares e l’interpretazione di Mario Zamma, Alessia Fabiani e Salvo Buccafusca. Il 27 novembre, al teatro Sant’Afra di Brescia, andrà in scena la prima di «Christine e Lea - Le serve». Si tratta di un complesso dramma ispirato a un fatto di cronaca realmente accaduto che, nel 1933, sconvolse l’opinione pubblica francese per il contesto in cui era maturato e per la crudeltà dei fatti; una rivisitazione originale di un tema già trattato da Jean Genet con un atto unico e portato al cinema dal regista Christopher Miles. Produzione Teatranti di Ospitaletto per la regia di Katiuscia Armanni e l’interpretazione di Stefano Comini, Paola Danieli, Erika Fappani, Federica Foresti e Lia Pironi. Più avanti, ma sempre nell’ambito della stagione teatrale 2021/2022, andranno in scena altri due drammi. Il primo è «Zastava 999», storia a tinte forti ambientata a Goli Otok, conosciuta anche come Isola Calva, sede di un durissimo campo di concentramento all’epoca della dittatura di Tito. Produzione OStudios per la regia di Davide Del Grosso e l’interpretazione di Francesco Cundò, Riccardo Dell’Orfano, Roberta De Santis e Daniela Morandini. Il secondo è «Punto improprio» trasposizione di un romanzo breve del noto giallista Enrico Luceri; produzione Compagnia del Barone e Le Ombre di Platone per la regia di Fabio Maccarinelli e l’interpretazione di Cecilia Botturi e Andrea Moltisanti. 

Non male, vero?

 ©DeniseInguanta

                                   


Patrizio Pacioni












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