Considerazioni: “Io, donna kamikaze” di Noa Bonetti, scrittrice
e giornalista, racconta, nella sua cruda realtà, le storie di quarantatré donne
che hanno scelto di diventare kamikaze e, quindi, sacrificarsi per un’idea
legata alla libertà della loro terra.
L’autrice, com'è
solita fare nei suoi libri, parte dai dati storici per giungere al personale,
al vissuto di ogni singola protagonista del terrorismo suicida. Così vengono
raccontate le storie di Wafa Idris, di Maliza Mutaeva, di Zinaida Alieva e di
altre giovani “martiri”.
L’attenzione cade in
particolare sulle palestinesi e le cecene, in lotta per ottenere la libertà dei
territori in cui vivono.
Cosa colpisce di questo
libro? Senza dubbio la ricerca puntigliosa dei dati storici che si fondono
armoniosamente con i punti di vista delle kamikaze. Ciò rende il volume
coinvolgente anche dal punto di vista emotivo, oltre a favorire la comprensione
di una dolorosa parte della storia internazionale attuale e del passato.
Ma perché queste donne
decidono di immolarsi? Da una prima, superficiale, impressione perché testimoni
convinte di una causa patriottica che le porta a farsi saltare per vendicare i
propri morti e seminare terrore tra i nemici. Donne convinte sostenitrici di
una causa, dunque. Così sembrerebbe! Ma l’autrice, che è anche giornalista, non
si ferma a questa superficiale impressione e va più a fondo indagando le reali
cause del loro gesto estremo.
Donne kamikaze, in
realtà, perché consapevoli di un destino triste e scontato che le vede vittime
degli uomini. Succubi a tal punto che, spesso, sono gli stessi uomini a farle
saltare in aria, senza affidare alle sfortunate nemmeno la possibilità di
tirare il cordoncino del detonatore.
Donne vittime di un
plagio mentale, dunque, o troppo spesso costrette a tale gesto perché private
di un futuro di libertà e indipendenza rispetto alla figura maschile. Ragazze
spesso vendute dalle famiglie per essere vittime da offrire alla causa. Altre
volte giovani che vivono ai margini della società, che si “offrono” perché prive
di mezzi di sostentamento, pensando che farsi saltare in aria possa in qualche
modo ripulire la loro immagine.
Essere kamikaze non
rappresenta mai la possibilità di acquisire lo stesso valore sociale che viene
riconosciuto agli uomini, sebbene alcune lo pensino.
E le famiglie che ruolo
hanno? Oltre ai già citati familiari che autonomamente, sotto ricompensa
economica, vendono le proprie figlie, sorelle, etc., ci sono poi genitori che
sono all’oscuro dei premeditati gesti suicida delle figlie e quando si trovano
ormai davanti al tragico fatto compiuto singhiozzano tra le lacrime che mai
avrebbero permesso un gesto simile, ma poi, forse confusi o ligi all'ideologia,
dichiarano di essere fieri del gesto delle loro martiri.
Ma la verità è che le
donne tanto osannate per il loro plateale e crudele gesto non saranno mai
considerate pari agli uomini. Segno evidente di ciò è che la famiglia delle
kamikaze riceve un compenso minore rispetto a quelle degli uomini bomba.
Un’indagine, dunque,
quella di Noa Bonetti, che non lascia spazio a dubbi e che delinea un quadro
chiaro della situazione attuale delle martiri, protagoniste del terrorismo
suicida che allo stato attuale si è rivelato un mezzo crudele e inutile al fine
della risoluzione del problema legato alla libertà dei loro territori.
Incipit
MORTE, SOGNI E SEGNI
Gli attacchi-suicida dell’undici settembre alle Torri Gemelle ed in successione le bombe-umane, i kamikaze, che si fanno saltare in Medio Oriente, in Cecenia e nello Sri Lanka, sono ormai spettacoli dell’orrore che entrano nelle nostre case e si stampano nei nostri occhi in continuazione. E la morte sacrificale per un’idea, per un Paese libero, crea questi mostri che irrompono nel nostro quotidiano già piuttosto agitato per sconvolgerlo ancora di più.
Gli attacchi-suicida dell’undici settembre alle Torri Gemelle ed in successione le bombe-umane, i kamikaze, che si fanno saltare in Medio Oriente, in Cecenia e nello Sri Lanka, sono ormai spettacoli dell’orrore che entrano nelle nostre case e si stampano nei nostri occhi in continuazione. E la morte sacrificale per un’idea, per un Paese libero, crea questi mostri che irrompono nel nostro quotidiano già piuttosto agitato per sconvolgerlo ancora di più.
Quarta di copertina: Storie vere. Storie tragiche di chi
ha scelto la morte per un’idea. Si va infatti dal come al perché è stato deciso
di farsi saltare in aria.
Sommesso e misurato quasi
a contrastare l’urlo e l’esagerazione delle protagoniste, il libro racconta dal
di dentro una nuova figura del terrorismo internazionale: la donna kamikaze.
Autrice: Noa Bonetti è milanese
ma vive a Roma. A Londra ha lavorato per il Commonwealth, poi alle Ricerche
Atomiche Nucleari di Frascati, infine è passata al giornalismo. Oltre a regie
teatrali ha realizzato servizi per le tre reti RAI-TV (rubriche: Ore Tredici,
Ore Venti, Giovani e Lavoro, Scampoli di Ricordi, etc.). E' stata
collaboratrice di vari quotidiani e rotocalchi: Il Messaggero, La Repubblica,
Oggi, etc. Ha ricevuto diversi premi: nel 1980 con Donne al Governo ha vinto il "Premio
Internazionale Città di Anghiari" per un Libro Politico-Storico; nel 1988
il "Fotogramma d’Oro" del Premio Cronaca ‘87 per il Giornalismo nelle
Immagini, etc.
Libri pubblicati: Volti Pettegoli (1985), Veleno
al Femminile (1986), Spuntino di Mezzanotte (1989), Angeli in Polvere (1990), Un’Amica di Nome Moana (1995), Nell’Arca di Noa (2006), Giù la Maschera (2007), Il Veleno è donna (2005).
©DeniseInguanta
Noa Bonetti
"Io, donna kamikaze"
Iris 4 Edizioni
118 pp., 14,50 euro
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